Camillo Sbarbaro incontra Dino Campana

L’ Incontro tra Sbarbaro e Campana
…Sghignazzava; muoveva le membra disordinatamente.
Un disagio nasceva intorno a lui come potesse di punto in bianco, sventatamente, cavar di tasca qualche cosa d’insanguinato.
Quella volta s’era tolto di seno per me i Canti Orfici , che si portava addosso come un certificato di nascita. Più tardi, m’era venuto incontro a Genova; senza darmi la mano; con una reticenza nel volto soffuso di rossore…I miei lo sopportavano appena, per via dei pidocchi.
La sera, un virgineo pudore lo pigliava dei suoi indumenti…L’ospitalità gli fu subito di peso. Al terzo giorno non volle più saperne. Testardo, lo guardai allontanarsi col suo passo di giramondo verso i carrugi di Sottoripa. Per tutto il viatico aveva in tasca Le foglie d’Erba. – Se lo riprese il malo vento che lo cacciava pel mondo.
Sedemmo a un tavolo d’osteria come tanti prima. Io non gli chiedevo parole: mi bastava, a conforto, stare con lui. Ma Dino era sempre stato eccessivo.
“Tu eri Sbarbaro…” m’osservò ironico. Alla supplica che i miei occhi gli mossero, sghignazzò. “E ora chi sei?”
“So…Taci..” volevo dirgli.
“Allora balli ancora sulla corda! Rossetto, lapis di nero…”
“Non ho altro” volevo dirgli.
Dino cacciò il pollice in bocca e si mise a fischiare: guardandomi.
“Oste!” concluse.
Oste! E il mio vino era poco e non ubbriacava.
Ma io non gli avevo chiesto parole; mi sarebbe bastato, a conforto, stare con lui…
Per non scorgere la beffa del suo viso, mandai gli occhi per piazza Sarzano. Allora alla bocca, naturalmente, a me? a lui? vennero le sue parole:
“A l’antica piazza dei tornei salgono strade e strade e nell’aria pura si prevede sotto il cielo il mare…”
Dino spallucciò: “Girandole! Delle girandole, fummo”: “L’aria pura è appena segnata da nubi leggere. L’aria è rosa. Un antico crepuscolo ha tinto la piazza e le sue mura. E dura sotto il cielo che dura, estate rosea di più rosea estate…”
Nella musica i suoi occhi si ammalavano.
E, com’acqua che trabocca: “Io vidi dal ponte della nave – i colli di Spagna – svanire, nel verde – dentro il crepuscolo d’oro la bruna terra celando – come una melodia…”
Io non volevo sopravvivermi.
“Partiamo” dissi insensatamente.
Le spalle di Dino ballarono nell’urto del riso. “Tu non sei regolo*” sghignazzò “e io sono giunto”
“Infatti! Manicomio di Castelpulci, reparto Incurabili.”
Camillo Sbarbaro, Sproloquio d’Estate – Trucioli (1920-1928)
*Personaggio dei Canti Orfici

