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Dioniso, l’oscuro


 “Se la processione che fanno e il canto del fallo che intonano non fosse in onore di Dioniso, ciò che essi compiono sarebbe indecente; la medesima cosa sono Ade e Dioniso, per cui impazzano e si sfrenanoa

Eraclito

XIR57188 The Head of the Elderly Silenus, Above which is a Silenus Mask, East Wall, Oecus 5, 60-50 BC (fresco) by Roman, (1st century BC) fresco Villa dei Misteri, Pompeii, Italy Giraudon out of copyright

Invoco Dioniso dagli alti clamori, che grida evoé, Protogono, dalla duplice natura,
generato tre volte, signore Bacchico,
selvaggio, indicibile, arcano, con due corna, due forme, coperto di edera, dall’aspetto di toro, marziale, Evio, santo, che mangia carne cruda, Trieterico,
che produce grappoli, dal manto di germogli.
Eubuleo, dai molti consigli, generato dalle unioni indicibili
di Zeus e Persefone, demone immortale;
ascolta, beato, la voce, spira dolce e irreprensibile
con cuore benigno, insieme alle nutrici dalla bella cintura. a

Dïòniso dirò, della celebre Sèmele il figlio,
com’egli apparve presso la spiaggia del mare infecondo,
dove sporgeva il lido. D’un giovine pubere appena
assunte avea le forme: le chiome ondeggiavano, brune
cerule: sopra le spalle gagliarde, un purpurëo manto.
Ed ecco, d’improvviso, spuntar da una rapida nave,
sovressi i foschi flutti del mare, pirati tirreni.
Tristo destino qui li guidava. Lo videro, e cenno
fecero l’uno all’altro, balzarono súbito a terra,
e nella nave loro l’addussero, tutti festosi,
ché lo credettero figlio di qualche divino monarca.
E tosto in ceppi duri lo vollero stringer; ma i ceppi
non lo tenevano: i lacci, dai pie’, dalle mani, lontano
caddero al suolo; ed egli si pose a sedere; ed un riso
illuminava le azzurre pupille. E il pilota comprese.
«Amici, un Nume abbiamo predato; e volete legarlo?
Egli è pesante: il nostro naviglio non può contenerlo:
Giove, di certo, è costui, o Apollo dall’arco d’argento,
oppure, il Dio del mare: l’aspetto non ha d’un mortale:
somiglia ai Numi ch’ànno dimora nel cielo: su’ via.

sopra la negra terra lasciamolo libero, lungi
da lui le man’ tenete, ché, in ira salito, non debba
i venti contro noi suscitare, e la fiera procella».
Disse; ma il capitano rispose con cruda rampogna:
“Amico, bada al vento, tu, bada a raccoglier gli attrezzi,
a tirar su la vela: ché a questo ci pensa la ciurma.
Sino in Egitto dovrà venire con noi, sino a Cipro,
agl’Iperborei, e magari più in là, dico io, sino a quando
detto non ci abbia i suoi genitori chi sono, e gli amici,
tutte le sue sostanze: ché a noi l’ha mandato un Celeste».
     E l’albero drizzò, tese allora la vela il pilota.
Colpí la brezza a mezzo la vela, si stesero i remi
tutti d’attorno. E, d’un tratto, si videro strani prodigi.
Prima, traverso il negro veloce naviglio, un vin dolce
fragrante, scaturí gorgogliando; e s’effuse un olezzo
ambrosio: sbigottiti rimasero tutti i nocchieri.
Súbito dopo, a sommo fiorí della vela una vigna,
stesa di qua, di là: ne pendevano grappoli fitti.
S’avvolticchiò tutta in giro su l’albero l’edera negra,
dove il corimbo fiorí, spuntarono bacche eleganti;
e tutti ebber ghirlande gli scalmi. Ciò visto, i nocchieri
dissero che il pilota facesse approdare di nuovo
la nave; ed ecco, dentro la nave, comparve da prora
un orrido leone, che truce ruggiva; e nel mezzo,
tutta villosa un’orsa, tremendo prodigio. E si rizza
sui pie’, bramosa; e sopra lo scalmo di prora, il leone
terribilmente guata. Balzarono a poppa, sgomenti,
tutti, vicino al nocchiero che aveva mostrato saggezza;
e se ne stavano li, sbigottiti. E il leone, d’un salto,
il capitano acciuffò. Quegli altri, d’un tratto, a schivare                                                                                                     la mala sorte, tutti nel mare balzarono; e quivi
divennero delfini. Ma il Nume, pietà del pilota
ebbe, lo risparmiò, lo volle felice, e gli disse:
«Salute, o pio nocchiero! Tu sei prediletto al mio cuore.
Io dei tripudi sono l’amico, Dïòniso: madre
mi fu Semèle, figlia di Cadmo; e mio padre fu Giove».
 Salute, o della vaga Semèle figliuolo: oblioso
possibile non è ch’io mai dei tuoi riti divenga.b

Dioniso, l’Oscuro

La figura di Dioniso è rimasta avvolta nell’oscurità per millenni. La si credeva una divinità minore seppure coinvolta nei riti annuali di vita e morte al tempo della Grecia antica. Quando si cercava di penetrarne il mistero che i pochi intravedevano nei frammenti a lui dedicati, la sua figura, arricchendosi di valenze ed attributi non consoni all’idea che di lui era stata fatta, si ritirava ancora di più nell’ombra. Poco o nulla si sapeva dei misteri a lui dedicati e per molto tempo si aveva pensato a lui come un dio proveniente dall’Asia Minore e aggiunto all’Olimpo in epoca più tarda. Una divinità posticcia che non esprimeva valenze greche.                                                                                                                                         L’anno chiavec della sua rinascita in ambito accademico è proprio il 1951 quando, oltre al Dionysos di Jeanmaire, viene pubblicato il lavoro più significativo di Eric R. Dodds, The Greeks and the Irrational : il volume era contenuto in appendix in un un saggio sul menadismo che per la prima volta proponeva un’interpretazione della mania dionisiaca attraverso la comparazione con culture e fenomeni moderni, insistendo soprattutto sulla dimensione “psicologica” del culto bacchico 4. I lavori di Dodds e Jeanmaire impressero un nuovo corso allo studio della figura di Dioniso, influenzando sensibilmente la critica dei decenni successivi. Si potrebbe forse aggiungere a questi due volumi il libro di Adrien Bruhl dedicato alla storia del Liber romano, pubblicato a Parigi, due anni più tardi, nel 1953, sebbene il suo approccio sia sicuramente più tradizionale . Tra il 1952 e il 1953, subito dopo la pubblicazione dei volumi di Jeanmaire e di Dodds, un altro studio fondamentale contribuì a ripensare la questione delle sue origini di Dioniso e del suo rapporto con la cultura greca. In quell’anno, infatti, Michael Ventris e John Chadwick proposero la loro teoria sull’origine greca della lineare B e qualche anno più tardi gli archeologi ritrovarono il nome di Dioniso su alcune tavolette micenee provenienti da Pilo: la scoperta portò a una decostruzione delle teorie sull’estraneità di Dioniso, poiché il dio non era stato successivamente importato da una terra straniera. Dioniso era in tutto e per tutto un dio greco. 1-11-12.  (Si vedano Kerényi 1951 e Kerényi 1992. Sul Dioniso di Kerényi, si veda Pisi 2003, 196-204.5 ). Infine, non si può dimenticare il ruolo giocato nella storiografia degli anni Cinquanta e Sessanta dagli studi su Dioniso di Károly Kerényi: sebbene il volume ‘Dionysos’ sia stato pubblicato postumo nel 1976, e quindi dopo l’uscita della traduzione italiana del libro di Jeanmaire, lo studioso aveva già pubblicato nel 1951, a seguito di una conferenza svoltasi a Roma, un importante saggio sul sacrificio dionisiaco in cui anticipava alcuni degli elementi che sarebbero poi confluiti nella sua monografia dionisiaca, come la concezione di un culto del vino mediterraneo che poteva aver costituito un sostrato comune alla base del culto di Dioniso, dell’orfismo e del cristianesimo12

a. Inno Orfico a Dioniso b. Inno Omerico a Dioniso

c. Francesco Massa: Una nota sul Dionisiaco di Furio Jesi: inattuale e originale – A Comment on Furio Jesi’s Dionysian: Untimely and Original, https://doi.org/10.4000/mythos.843

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The mystery of the twice-born Dionysus

Il mistero di Dioniso nato due volte

Vaso con incisioni appartenenti al sistema “Lineare A”- Fonte: CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=848404

“Le tavolette della Lineare B di Pilo e di Cnosso ci hanno permesso di compilare una lista di dei e di dee che potevano essere paragonate con facilità a quelle che apparivano nel Pantheon Greco Classico. Solo una cosa ci è parsa allarmante: Ade, dio e padrone del Mondo Infero non è presente nella lista. I Micenei non avevano una escatologia? La magnificenza stessa delle loro tombe sembrerebbe contravvenire a questa domanda senza il bisogno di prendersi troppo disturbo, tuttavia guardando la lista degli dei presente nella lineare B osserviamo una traccia evidente di dee ctonie come le Erinni (E-ri-nu-we) e Persefone (Pe-re-se-wa)”d

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d. Mureddu, N. (2018); ‘A Dark Dionysus: The transformation of a Greek god between
the Bronze and Iron Age’
Rosetta 22: 90 – 111
http://www.rosetta.bham.ac.uk/issue22/Mureddu.pdf

L’assenza di Ade si completa con la presenza di un dio che per lungo tempo fu creduto di derivazione straniera e tardiva per i Greci: Dioniso. Nelle tavolette di Pilo Dioniso può essere identificato nella forma sillabica Di-wo-ni-so-jo.

Dato che i testi della Lineare B avevano registrato solo le offerte agli dei, senza fornire alcuna storia su di loro, la nostra conoscenza della sfera divina Micenea rimane limitata. Possiamo immaginare la funzione degli degli Dei BA solamente paragonandoli alle loro controparti più tarde sebbene non sempre coincidano.

Infatti, procedendo per paragoni, potremo vedere una società Micenea che adora un dio del vino e dello frenesia ma che ignora una divinità maschile del Mondo Infero, che è cosa un po’ difficile da credere. Forse la risposta a questo enigma può essere trovata nei culti misterici Orfici, dove compare un Dioniso più oscuro, lontano dall’immagine del giovane dio , figlio di Semele, nato da una coscia di Zeus dopo la morte della madre.

La connessione tra Dioniso e il poeta Orfeo non era nuova alle fonti antiche. Diodoro afferma che Dioniso, che durante i suoi pellegrinaggi raggiunta la Tracia, aveva insegnato i suoi misteri al re Tharops. Tharops aveva passato la dottrina al figlio Egro che fece lo stesso a sua volta con suo figlio. Il figlio di Egro era il poeta Orfeo. Si dice che la leggendaria vita di Orfeo, datata a un epoca pre-Omerica imbevuta di misticismo e di poesia, fosse stata dedicata a/in diversi ambiti filosofici.

Come era stato accennato da Platone5 e raccontato da molti altri fino ai tempi di Ovidio6, era entrato da vivo nel regno di Ade fino a raggiungere i troni di Plutone e Persefone. Uscì da vivo dal Mondo Infero ed i suoi scritti (scripta) solitamente sotto forma di Inni e formule concernenti le divinità ctonie, venivano ancora celebrati nel mondo arcaico7 come era stato postulato anche dai falsi testi Orfici che avevano cercato popolarità nel quinto secolo, provocando l’indignazione degli esperti.8 In altre parole egli era un’autorità nel campo della escatologia ed i suoi testi, se fossero considerati autentici, venivano probabilmente letti duranti i riti misterici di Dioniso ed imparati dagli iniziati per acquisire potere sulla morte e la felicità nel Mondo Infero. 9

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  1. Vedi Ventris, Chadwick 1959
  2. Ventris, Chadwick 1959: no. 316.
  3. Ventris, Chadwick 1959: no. 172.
  4. Diodoro Siculo, Library of History, III 65.6.
  5. Platone, Simposio, 179d.
Digital image courtesy of the Getty’s Open Content Program – Donna Greca che si ubriaca in casa
Digital image courtesy of the Getty’s Open Content Program – retro del vaso che mostra le suppellettili di casa

A parte questo, ciò che era solitamente collegato ad Orfeo e aveva acquisito il termine ‘Orfico’ era di solito una mitologia segreta/sotterranea dove i segreti di Dioniso venivano svelati, segreti importanti anche per l’umanità. Sconosciuto ai più il mito iniziatico di Dioniso aveva a che fare con una divinità diversa piuttosto che una variante della stessa.

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6. Ovidio, Metamorfosi, X. 7. Dei quali abbiamo oggi 87 frammenti che datano al 1 st/2 nd century CE, pubblicati come Inni Orfici 8. Platone, Meno, 81a. 9. Johnston 2007c: 177. 10.  Esiodo, Teogonia, 940 – 942; Inni Omerici a Dioniso, II 21. 11. Apollodoro, Library, III 4.3. 11. Compare with (cfr) the text in Kouremenos, Parassoglou, Tsantsanoglou 2006. 13. Nonno di Panopli, Dionisiache, VI


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