
Le Scritture, i testi di Sapienza, le Apocalissi, le parabole e i salmi delle chiese precedenti sono con venuti, da ogni luogo nella mia Chiesa, comprenetrandosi con la saggezza che io ho rivelato. Come due fiumi confluiscono l’uno con l’altro, dando origine ad una potente fiumana, così gli antichi testi sono confluiti nei miei Scritti; e questi costituiscono il massimo della Sapienza, quale mai esistette precedentemente.
Manifesto “ideologico di mani” DA rIVISTA aBSTRACTA, n. 46 “Quale Eresia?”
Mani, nato nel 216 da nobilissima famiglia persiana, imparentata con la stirpe degli Arsacidi, ebbe, a soli 12 anni, la rivelazione del Paracleto che gli aprì il mistero della luce e della tenebra. Incomincia da qui l’attività missionaria di Mani, svoltasi principalmente in Iran, nell’attuale Pakistan e nella regione Mesopotamica, rivolta la ine specifico di fare del suo credo una religione di stato. Il che non potè non comportare un durissimo scontro con la classe sacerdotale Zoroastriana, allora predominante; scontro che si risolse, dopo parecchi anni, con la vittoria dei Magi Mazdei, con l’imprigionamento di Mani, con la sua morte per inedia, nel 276 o 277, e con lo scempio del suo cadavere che secondo alcune fonti, sarebbe stato scorticato, impagliato ed esposto al pubblico ludibrio.
I Principi della dottrina Manichea
Il pensiero di Mani, che dichiarava esplicitamente di aver avuto come precursori Gesù, Buddha e Zoroastro, e di essere egli l’apostolo del vero dio nella terra babilonese, è basato sulla Gnosi; purtuttavia dallo Gnosticismo di differenzia enormemente, avvicinandosi invece al Cristianesimo, proprio perchè la conoscenza non è, come nel primo, uno strumento di perfezione riservata a pochi eletti, bensì il mezzo di diramazione e proliferazione di una religione che vuole tutti toccare e di tutti essere. Al Mazdeismo – la religione organizzata da Zoroastro nel primo millennio avanti cristo ed imperniata sul dualismo tra bene e male – è invece ispirato il pensiero manicheo quando considera due principi coeterni, non inferiori l’uno all’altro, egualmente potenti ed in eterna lotta. L’uno, dio, il padre di grandezza, è lo spirito, la luce, la pace; l’altro è il re della tenebra, il signore della materia, del caos, della guerra, della magia malefica, della discordia perenne in cui egli stesso è coinvolto. E questo sovrano delle tenebre, dilacerato com’è dal suo stesso regno e dela suo stesso essere, spasima di invidia struggente ogni volta che gli si rivela un barlume della perfetta bellezza del regno della luce. Il padre di grandezza, buono per eccellenza e definizione, non può avere mezzi di difesa, ma solo, di fronte alla rapace invidia del nemico, offrire sè stesso come olocausto. A tal scopo emana la Madre della vita, e questa, a sua volta, l’uomo primordiale che accetta personalmente il combattimento con le forze del male e da’ in pasto sè stesso e le proprie emanazioni ai figli delle tenebre. In tal modo ha origine la miscela di bene e male, di luce e tenebra, di spirito e materia che caratterizza il nostro mondo. E purtuttavia i cinque figli dell’uomo primordiale sono vere e proprie forze nel sendo del nemico e l’uomo primordiale ottiene dal Padre l’emanazione di una triade (Amico delle Luci, Grande Architetto, Spirito Vivente), da cui sortiranno l’Ornamento dello Splendore, il Gran Re d’Onore, l’Adamante Luce, il Re di Gloria e Colui che Porta. Ed è lo Spirito Vivente a iniziare l’opera redentrice, stabilendo un mutuo rapporto con l’uomo primordiale e liberandolo dalla materia per portarlo, nuovamente, alla luce. E’ questa liberazione il primo segno della vittoria del Padre di grandezza, il germe escatologico della speranza. Però luce e materia, biologicamente, sono ancora frammiste nel mondo e per timore della vittoria di Dio, le tenebre inviano due demoni ce generano Adamo ed Eva, figli dell’odio e della lussuria. Da qui il concetto maicheo del corpo umano considerato quale sostanza diabolica. Ma il bene contin ua la sua opera redentrice e cerca di risvegliare in Adamo la coscienza della sua origine divina. Ecco allora l’arrivo di Gesù, il luminoso, e la conseguente liberazione di Adamo; Gesù, la cui passione e crocefissione è il dramma della luce inchiodata alla materia: “Gesù, vita e salute degli uomini, è sospeso ad ogni legno”. La perenne tensione universale, secondo la cosmogonia di Mani, rivela come il nostro mondo sia prigione della luce e nel contempo delle tenebre che non potrebbero trattenere la luce se non abbandonando il mondo stesso. Sarebbe allora opportuno evitare i concepimenti, che costituiscono ogni volta un imprigionamento della luce nella materia. Purtuttavia, dopo una Grande Guerra e dopo la fine del mondo, si avrà il definitivo trionfo della luce sulla materia e le tenebre saranno relegate per sempre nel loro mondo. Questa, molto in sintesi, la dottrina manichea che era, per di più, corredata da precetti comportamentali alquanto rigidi e da cerimoniali fastosi e suggestivi ma il cui aspetto precipuo, quello che la spera a dalla miriade di pensieri gnostici, fu il rifiuto dell’aspetto iniziatico e selettivo e l’impronta, invece, di un’interpretazione di una storia universale “Capace di appagare la mente del fedele semplice e ignaro e, insieme, dell’uomo colto e filosoficamente preparato” (Manselli). Una religione, dunque, di indubbio fascino, contro la quale si scateneranno i polemisti cristiani del IV-V secolo, tra cui Agostino (che ben la conosceva perché ne era stato un adepto), ma di cui si continuerà a parlare – vedremo con quale fondamento – fino al XIII secolo. Ciò non toglie che sarebbe riduttivo relegarla, almeno nelle sue origini e nei primi secoli di vita, al ruolo di “eresia”, così come, operando un salto di più di un millennio, altrettanto incongruo sarebbe insistere su tale termine per contrassegnare due distinte realtà fenomeniche quali la stregoneria, e successivamente, la Riforma protestante. Nel primo caso infatti più che ad un a scelta cosciente di contro ci troviamo di fronte ad una strumentale demistificazione di comportamenti spesso anomali, spesso ritenuti tali, spesso artatamente interpretati come tali. Qualunque sia la giustificazione o, meglio, la spiegazione che si intende dare della caccia alle streghe (follia collettiva, ricerca del diverso ad ogni costo e conseguente emarginazione, sopravvivenza popolare di riti arcaici o di culti sciamanici, creazione strumentale ex catedra, etc.). Ciò che resta di base è la mancanza assoluta o quasi di una “teologia” alternativa parallela, tale da giustificare l’accusa stessa di eresia. Con la stregoneria assistiamo all’ultimo ed esasperato tentativo di un mondo in crisi (si pensi alla cattività avignonese, prima, al grande scisma poi) di compattarsi e di ricompattare un’unità che si sta inesorabilmente sfaldando). La caccia alla strega è ad un tempo caccia al diverso e ragion d’essere di strutture che non riescono più ad incidere come vorrebbero nel tessuto sociale. non che l’Inquisizione perda potere a partire dal XV secolo, anzi semmai lo rafforza, accentuando gli aspetti deterrenti che inizialmente non le erano propri. Ma di fronte a sè troverà una realtà di gran lunga diversa da quelli dei secoli XI-XIII. La nascita degli stati nazionali, la crisi della ierocrazia favoriscono lo sfaldarsi di quel monolite che si era costituito a partire dal IV-V secolo dalla fusione o concomitanza di interessi tra potere civile, Regnum, da una parte e potere religioso, Sacerdotium, dall’altra. Duplice è il fenomeno cui assistiamo con la nascita dell’età moderna: da una parte sempre più frequenti gli assertori della libertà di pensiero che prelude al ritorno all’uomo, alla sua dignità in quanto tale, che caratterizza l’Umanesimo prima e il Rinascimento poi; dall’altra verrà spezzato drammaticamente il binomio Cristianesimo=Chiesa di Roma e in nome di un recupero delle primigenie istanze apostoliche, non nuove come vedremo, ma certamente qualitativamente e quantitativamente diverse. La Riforma che la controparte si ostinerà a definire “eretica” e che più correttamente si deve dire “Scismatica” in realtà prelude se non alla pluralità di Cristianesimi, certo a una pluralità all’interno del Cristianesimo.
“Abstracta” , Marzo 1990 n. 46, Quale Eresia? Per una storia dell’eresia medievale, di Raniero Orioli