
Servendosi del messaggio cristiano e fondendolo con miti ellenistico-orientali d’impronta misterica, gli Gnostici distinguevano tra l’imperfezione del mondo visibile e la perfezione di un Dio supremo, la conoscenza ( gnosis in greco ha infatti questo significato) del quale, individuata e riservata a pochi eletti, tramite forme iniziatiche di apprendimento, avrebbe portato alla salvezza. Al di là della questione oggi non tutta risolta, concernente una probabile – o meno – derivazione dello Gnosticismo da talune sette giudaiche (Esseni, Ebioniti, ecc.), il pensiero gnostico incominciò a manifestarsi già nel I secolo d.c., nell’area del Giordano, quando, dopo la morte del Battista, un certo Simone di Gitta, identificato con il Simon Mago degli Atti degli Apostoli, 8, 9-24, si sarebbe autodefinito “la Grande Potenza di Dio”. Diffusosi nel mondo greco e in quello romano, lo Gnosticismo si suddivise ben presto in sette, tanto che non è facile riuscire a fornirne un quadro al tempo stesso chiaro, omogeneo ed esauriente. Tutto sembra prendere l’avvio dal dilemma umano per eccellenza quello sul significato del nostro essere e della contrapposizione tra bene e male. La conoscenza che a tal uopo sono predestinati la risposta a quesito, una risposta, tra l’altro, che parte da un presupposto di squisito stampo platonico, dall’idea cioè, che gli uomini possano, attraverso il mondo inferiore che abitano, immaginare la perfezione e la beltà del mondo superiore. All’inizio è un Eone (che nella terminologia gnostica indica una sorta di universo a struttura temporale) perfettissimo ed eterno, un Proto-padre coesistente con il suo pensiero che è altresì il Silenzio cosmico ed assoluto. Come in una specie di reazione a catena, dal Padre e dal Pensiero si generano gli Eoni del pleroma, che a loro volta originano un’immagine del Padre- diversa a seconda delle sette – svincolata dall’isolamento primordiale e in grado di generare. Una delle emanazioni eoniche, Sophia, sprofonda nella materia, dimenticando il suo universo celeste e dando origine ad un mostro-leone-serpente. Il nostro mondo così pieno di brutture e di mali, è quindi, per così dire, un incidente cosmico. Da siffatto incidente trae origine Ialdabaoth, la potenza di forme circondata da un Eone tenebroso che sarebbe, appunto, il nostro mondo. Contro la superbia cieca del mostro il Padre Arconte manda l’uomo Adamo, a sua immagine e portatore di luce, che però, avendo suscitato la gelosia dei suoi artefici, viene da questi rinchiuso in un involucro corporeo e gettato in un Eden velenoso dal quale, con la sua compagna Eva, sarà espulso da Ialdabaoth. Ma continuerà la lotta tra il Demiurgo e i discendenti di Seth, “i perfetti”, che conservano una scintilla del Logos. E sono costoro che, mediante la Gnosi, devono essere risvegliati per riprendere totale coscienza della loro natura divina. In ciò saranno aiutati dal Salvatore, alcune volte identificato con Cristo. Il conseguimento della Gnosi porterà la liberazione dalla materia e dall’asservimento carnale; un’ascesa senza ritorno ai cieli, anche se, per taluni particolarmente eletti, il viaggio potrà essere possibile anche restando in vita.

Per quanto riguarda la ritualità gnostica, si suppone che esistessero la pratica della confessione, anche se probabilmente compiuta in sede di iniziazione, quella del battesimo, praticata in diversi modi, quella di una specie di eucarestia, compiuta in genere col “sangue” della madre celeste – una coppa di vino – o, come presso la seta degli Ofiti, con pani messi a contatto di un serpente, da essi venerato, probabilmente, quale simbolo di una costellazione. Altre sette, invece, celebravano, non sappiamo quanto o meno simbolicamente, le “nozze spirituali” che avrebbero dovuto rprodurre i raggruppamenti eonici celesti. Come si vede, anche se presenti in maniera cospicua, gli imprestiti cristiani non sembrano essenziali nè determinanti; vi sono indubbie analogie tra Gnosticismo e Cristianesimo, ma non è possibile nè corretto spiegare riduttivamente il primo come una “deviazione” del secondo. Val tuttavia la pena di ricordare come risalgano a S. Epifanio, nel IV secolo, autore di un’opera fortemente polemica e denigratrice nei confronti dello gnosticismo le informazioni, peraltro di seconda mano, secondo cui orge e riti immondi avrebbero caratterizzato certe forme di gnosticismo, dando così l’abbrivio al formarsi di un “topos” che grande frequenza e con costanza ossessiva ritroveremo applicato per tutto il medioevo e che sarà ereditato dalla polemica anti-stregonica. Ed allo stesso modo dello Gnosticismo non è possibile ricondurre tout court al Cristianesimo il Manicheismo. Anche in questo caso indubbi elementi consimili, cui si aggiunge il fatto che di Manicheismo si dovrà parlare fino al XIII secolo, hanno spesso indotto a considerare questa religione una “eresia” cristiana, negandole un’autonoma dignità di pensiero. In realtà l’insegnamento di Mani opera una sintesi di varie istanze presenti sia nel Cristianesimo, sia nello Gnosticismo, sia nel Mazdeismo, ma ha nello stesso tempo una propria ragion d’essere non necessariamente collegata al Cristianesimo.
Da: Abstracta n. 46 – Marzo 1990