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Giano, Il dio di Gennaio


Giano, il dio bifronte, il dio delle transizioni, delle mutazioni, dei ponti e delle porte, e più anticamente del cielo, del sole e della luna, fu per i latini anche il dio di Gennaio. 
Una faccia che guarda al passato, l’altra al futuro, Giano è la testa rotante che traccia il cerchio dell’infinito e più umilmente, anche colui che spalanca la porta dell’ultimo vecchio mese a quella dell’anno nuovo. Egli inaugura le calende di Gennaio ma non solo; di fatto, inaugura tutte le calende dell’anno, è dio di ogni apertura che permette di spalancare ogni nuova cosa. C’è chi ha ipotizzato che Giano non fosse che un antico dio supremo spodestato e che conservasse assieme alla sua nuova faccia quella antica di dio uranico nella dicotomia Giano-Giove. O forse questa doppiezza era già intrinseca alla divinità antica, a rappresentare forse un vecchio motivo religioso e filosofico che richiamava alla doppiezza di tutte le cose nel loro eterno trasmutare?C’è molta confusione frai ricercatori. C’è chi ha affermato che fossero due divinità assieme, una femminile l’altra maschile, oppure due divinità femminili, Giunone e Ianualis, quest’ultima preposta alle nascite, al ciclo mestruale e all’apertura delle porte. Le porte non sono solo porte fisiche: sono temporali, metaforiche, persino corporee: era Giano ad “aprire” la porta del seme necessaria per il concepimento. Le cellule si attivano alla sua chiamata. Una minuscola, segreta porta si apre dentro il corpo. Il dio decide il flusso. Una manciata di secondi per decidere del futuro di un’altra vita. “A nick in time” direbbe Hillman. Opportunità: porte che si aprono o che si chiudono. Occorre entrare od uscire in tempo, verso un’intuizione, da un momento sgradevole o dannoso, verso una possibilità appena intravista. Queste doti quasi mercuriali sono moltiplicate in ogni atto della vita, a suggerire ancora una volta che forse Giano, così presente e pervasivo persino nelle minuzie del quotidiano, fosse stato sul serio il primo dio supremo dell’antichità più remota. Accanto a queste interpretazioni giace quella più ovvia e conosciuta dell’anno che muore la cui porta della vecchiaia e dei giorni morti di Dicembre si spalanca infine su Gennaio, vivo, scalciante e del biancore della pelle di un neonato. 
Ci si apre a vita nuova dunque, a Gennaio, le cose si riorganizzano, vecchi abitudini e cose si buttano via alle spalle o si bruciano perchè non lascino traccia nell’anno nuovo; qui è bene ricordare l’antichità del gesto: I Compitalia latini, roghi dove venivano gettate cose vecchie. 
Questa scaramanzia è tuttora presente tra la popolazione attuale, e non è che l’ombra del sacro che si allunga su di noi da millenni. Alle calende di Gennaio (il primo del mese) si scambiano auguri e strenne (monete) fichi e miele. Torte di grano saraceno vengono bruciate agli altari degli Dei. Forse anche un toro tutto bianco, più avanti nel mese.I festeggiamenti che hanno accompagnato il culto di Giano sembra siano sopravvissuti fino all’anno mille ed oltre, mescolandosi a vecchie credenze pre-romane, probabilmente di origine proto-celtica, dove spicca il dio Cernunnos, l’uomo cervo, a rappresentare il ciclo di vita e morte. Queste usanze erano diffuse in gran parte del nord-Italia, in Francia e nell’odierna Catalogna, pressapoco l’antica Occitania.
Ci è stata riportata una reprimenda di Sant’Eligio ai popoli pagani delle Fiandre, che nel settimo secolo d.c. osavano ancora festeggiare l’ultimo dell’anno con libagioni e sollazzi vari, per poi uscire completamente ubriachi e travestiti di animali: “A Capodanno nessuna faccia empie ridicolaggini quali l’andare mascherati da giovenche o da cervi o fare scherzi e giochi e non stia a tavola tutta la notte né segua l’usanza di doni augurali o di libagioni eccessive. Nessun cristiano creda in quelle donne che fanno sortilegi con il fuoco, né sieda in un canto, perchè è opera diabolica”.A Sant’Eligio sarebbe giovato ricordare tutti gli eccessi e le vergogne di cui si era già ricoperta la Chiesa tutta, mentre per noi varrebbe la pena ricordare le dissolutezze, il caos e gli eccessi che avrebbero attraversato le storie di tutti i “santi” pellegrinaggi futuri.

Written by the accidental writer


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