« Paenitentiagite, quia appropinquabit regnum caelorum» Pentitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino

Nel ‘200 esplosero diversi movimenti di attesa escatologica, ossia di aspettativa del destino ultimo dell’uomo. Uno dei più noti fu il movimento dei flagellanti, caratterizzato da processioni e penitenze. Ciò che accomunava i flagellanti era la speranza che a breve sarebbe stato instaurato sulla terra un regno di luce, un regno migliore. Questo genere di movimenti nacquero spontaneamente dappertutto in Europa. Il movimento dei flagellanti non fu del tutto unitario ma fu un insieme di “sette” religiose, diffuse nell’Europa dal sec. XIII al XV, e caratterizzate appunto da un’intensa e continua mortificazione del corpo mediante flagellazione ed eseguita pubblicamente: accanto all’idea che la flagellazione sia mezzo penitenziale (S. Pier Damiani, S. Domenico il Corazzato) affiora la convinzione che sia anche un mezzo espiatorio per impetrare dal cielo la pace e la cessazione dei malanni come peste e guerra.9 Il movimento dei flagellanti aumentò di numero attraverso gli anni e assunse anche una coloritura politica e trascinò con sè sedimenti di vecchie eresie.
Fra Dolcino da Novara era seguace di Gherardo Segarelli, il quale aveva fondato il movimento degli Apostolici, e alla cui morte sul rogo come eretico subentrò come nuovo leader del movimento. Dolcino si trovava in aperta polemica con gli ordini mendicanti “istituzionali”, in seno alla Chiesa, nella fattispecie francescani e domenicani. Il motivo risiedeva nei loro numerosi possedimenti, dove “raccoglievano i frutti delle questue”, “mentre noi” continuava Dolcino, ” non abbiamo case né dobbiamo portare con noi i frutti delle questue, e per questo la nostra vita è migliore e definitiva medicina per tutti”.
Questa “presunzione” (così direbbe la Chiesa) di perfezione e santità gli veniva dalla sua vicinanza con una dottrina condannata nel 1215 come eretica, quella di Amalrico di Bene. (Amaury de Bène, teologo francese). Gli “amalriciani” credevano di vivere agli inizi di una nuova era, l’età dello Spirito Santo che sarebbe venuta dopo le precedenti età del Padre e del Figlio. Presso gli “amalriciani”, inoltre, avevano una gran suggestione le leggende sull’Imperatore degli ultimi giorni e sull’avvento e la disfatta dell’Anticristo, i cui servi erano il Papa e i cardinali. Fu un fervente propugnatore dell’Apocatastasi, un concetto teologico secondo cui alla fine dei tempi tutte le creature saranno reintegrate nella pienezza del divino, compresi Satana e la morte: in tal senso, dunque, le pene infernali, per quanto lunghe, avrebbero un carattere non definitivo ma purificatorio. I dannati esistono, ma non per sempre, poiché il disegno salvifico non si può compiere se manca una sola creatura. Si tratta di una sorta di panteismo, secondo cui Dio e l’universo sarebbero una cosa sola; ciò implicherebbe anche il rifiuto della dottrina della transustanziazione. Amaury sostenne la dottrina secondo cui lo Spirito Santo si sarebbe incarnato in ciascun uomo, divinizzandolo attraverso un’illuminazione interiore e rendendo perciò i sacramenti inutili e obsoleti. L’illuminazione produrrebbe la conoscenza di nuove verità, e questa conoscenza sarebbe lo stesso paradiso, mentre l’inferno sarebbe l’ignoranza di queste verità.” 8
Tra le filosofie e le dottrine che circolavano nel ‘200, di grande influenza fu il pensiero di Gioacchino da Fiore, che bordeggiò continuamente l’eresia senza mai raggiungerla pienamente; in quei tempi era facile per certi movimenti di pensiero diventare eretici o al contrario essere giudicati santi oppure folli. Gioacchino Da Fiore nel suo ‘Monasterium’ delinea una struttura sociale, ovviamente a carattere teologico, ma dove gli esseri umani trovano la loro collocazione “pratica” e reale, non in base al potere o al denaro o alla discendenza, ma in base alle loro tendenze, al loro carattere e al loro stato (persone contemplative, persone attive, persone dedite alla famiglia, anziani e deboli di salute, studiosi etc) questa società ideale, come un monastero vero e proprio, si reggeva sulla pacifica guida di un abate. Il “Monasterio” di Gioacchino da Fiore ipotizzava una riforma radicale e una ristrutturazione che metteva in crisi l’organizzazione della chiesa, la quale condannò pubblicamente le sue idee e le sue opere nel concilio Lateranense del 1215: ‘l’affermazione di un disvelamento progressivo di Dio in tre epoche che mette in crisi l’idea dell’Unità delle Tre Persone divine”, e la cui teoria di fondo prevede una verità non si esaurisce col cristianesimo, ma attraverso un altro evento che ripari la storia, permettendo agli uomini di godere di un’età di perfezione.
Il fatto che il movimento degli “apostolici” fosse stato fondato nel 1260, derivava dalla credenza, diffusasi nel XIII secolo a seguito del pensiero di Gioacchino da Fiore, che in quell’anno sarebbe iniziata una nuova Età di pace – detta dello Spirito – prima del Ritorno di Cristo. Una visione escatologica ripresa appunto anche dagli “apostolici”, che condannavano la Chiesa romana come falsa e ne preconizzavano la fine. Secondo il Grande Mistico, c’è stato un primo tempo in cui ha operato il Padre, un secondo tempo in cui ha operato il Figlio, e per forza di cose ci sarebbe stato un terzo tempo in cui avrebbe operato lo Spirito Santo, infatti nel quinto libro del suo testo Concordia Veteris et Novi Testamenti, Gioacchino scrive: Vi sono tre stati. Il primo stato è quello in cui fummo sotto il dominio della legge, il secondo quello in cui siamo sotto il dominio della grazia, il terzo, che attendiamo imminente, quello in cui sarà elargita una grazia più piena. Il primo stato visse nella conoscenza, il secondo nel possesso della sapienza, il terzo vivrà nella perfetta intelligenza. Il primo fu l’epoca della schiavitù, il secondo della servitù filiale, il terzo sarà il tempo della libertà. Il primo stato fu l’età appartenente al Padre, il secondo è l’età del Figlio, il terzo sarà l’età dello Spirito Santo.

(…) Rispetto ai movimenti pauperistici ed ereticali precedenti, la vera novità del messaggio di Gherardo Segarelli o Segalelli) prima, e di Dolcino da Novara, il suo epigono, poi, fu la rivendicazione e affermazione del diritto di ognuno a vivere la propria esperienza religiosa autonomamente, sostenendo che il rapporto diretto tra Dio e il cristiano dovesse realizzarsi senza l’intermediazione ecclesiastica. E’ questa la “vera” e, forse, più pericolosa eresia ed è questo il vero senso della frase più famosa che ci è rimasta di Segalello/Segarelli: “poenitentiagite, quia appropinquabit Regnum Coelorum”. Non è un Regno dei Cieli astratto, ma ben concreto, è una comunione di ideali ispirata alla rinuncia, alla povertà, per poter incontrare dio che ci viene incontro, non nell’al di là, ma oggi, nella vita di tutti i giorni: ed è oggi che si deve agire. 2

Salimbene da Parma, frate minore ed estimatore di Gioacchino da Fiore conobbe Segarelli, e di lui non ci restituisce un ritratto benevolo. Così descrive la circostanza dell’incontro con Segarelli nella sua Cronica : “Mentre ero a Parma, nel convento dei frati minori, come sacerdote e predicatore, si presentò un giovane, nativo di Parma, di umili origini, illetterato, sciocco e ignorante, che si chiamava “Gherardino Segalelli”, e chiese di essere accolto nell’ordine dei frati minori. Non essendo stato esaudito, finché gli fu possibile s’intratteneva tutto il giorno in meditazione nella chiesa; e qui gli maturò l’idea di fare di propria iniziativa ciò che inutilmente chiedeva ai frati. Siccome sopra il coperchio della lampada della fratellanza del beato Francesco erano dipinti tutt’intorno gli apostoli con i sandali ai piedi, avvolti in mantelli sulle spalle, egli rimaneva a lungo a contemplarli e di qui prese la sua decisione. Si lasciò crescere barba e capelli, prese i sandali e il bordone dei frati minori, perché tutti coloro che si propongono di creare una nuova congregazione rubano sempre qualcosa all’ordine francescano. Poi si fece fare una tunica di tela ruvida e un mantello di filo molto grosso, che portava avvolto al collo e alle spalle, convinto così di imitare l’abito degli apostoli.»

Linee Principali del Movimento degli Apostolici
Un Dio “democratico”, che stabilisce una relazione personale con tutti coloro che vivono in povertà, senza bisogno di mediazioni interpretative,
L’imitazione di Cristo come norma di vita per i cristiani,
La necessità di mettere in pratica il Vangelo in modo integrale,
Il rifiuto di qualsiasi accumulo di beni materiali,
La comunione dei beni,
Il rifiuto di qualsiasi gerarchia,
L’uguaglianza tra uomini e donne,
Un approccio al mondo ispirato all’innocenza dei fanciulli,
La libertà dei cristiani.
Gli apostolici conducevano una vita di digiuni e preghiere, sia lavorando che chiedendo la carità e non davano valore alla castità: la cerimonia di accettazione dei nuovi seguaci prevedeva che pubblicamente si spogliassero nudi, come aveva fatto san Francesco.
Al di là di tutto l’armamentario delle accuse inquisitoriali che in un caso come questo veniva elaborato, il vero delitto che non poteva essere perdonato a Segalelli fu l’aver annunciato la possibilità di un incontro diretto tra l’uomo e Dio. Questa tesi infatti, benché in Segalelli non risulti alcuna critica esplicita alla Chiesa di Roma, presuppone implicitamente la superfluità di una struttura di mediazione tra uomo e Dio, l’inutilità di una organizzazione che amministra Dio trasferendolo a sé, in pratica “requisendo” il concetto stesso di divinità.
La possibilità di un rapporto diretto tra gli uomini e Dio è il senso vero della famosa frase di Segalelli: Paenitentiagite, quia appropinquabit regnum caelorum (“Fate penitenza, perché il Regno di Dio arriverà”), che per chi la pronunciava significava anche: “Costruite, o costruiamo, un modello di società ispirato alla rinuncia, alla povertà, per poter incontrare Dio che ci viene incontro”3

La repressione
Solo con l’ascesa di Bonifacio VIII (1294) la situazione degli apostolici mutò; nell’ottobre 1296 il papa emanò una bolla diretta ai vescovi e indirizzata contro tutti coloro che giravano mendicando e predicando senza alcuna autorizzazione; si scagliò duramente contro i prelati giudicati negligenti nella caccia all’eretico e la bolla stessa sancì definitivamente la classificazione dell’Apostolico come eretico. Nel 1299 arrivò a Parma un inquisitore domenicano ad indagare sul fenomeno apostolico. Nel luglio 1300 Segarelli morì sul rogo.4

I Detrattori dell’eresia apostolica
Di detrattori la storia ne ha prodotti davvero molti, a partire dai contemporanei di Segarelli e Fra Dolcino. Non ci riesce difficile immaginare il perchè di tanto ostinato accanimento dato che la Chiesa che sempre si ergeva ad esempio e che nella figura del sommo pontefice ravvisava (e ravvisa) niente meno che il rappresentante di dio in terra. Bastava poco dunque per sfidare la Chiesa, o perchè questa avesse la sensazione di essere stata sfidata. L’etichetta di ‘arrogante‘ veniva prontamente incollata alla fronte dell’eretico, e diciamocelo, era anche un buon motivo per iniziare a perseguitarlo. La Chiesa era perfetta ed immutabile ma continuava ad aggiungere nuovi dogmi attraverso i Concili.
Oramai a distanza di un millennio dalla predicazione di Cristo, la Chiesa poteva prudentemente ammassare ricchezze, molte delle quali estorte agli eretici. La Chiesa dunque, lungi dall’essere immutabile non tollerava “interpretazioni” o versioni che non fossero le sue, nè tantomeno mediazioni laddove non fosse stata presente oppure bellamente scavalcata come nell’eresia apostolica. Dunque un’eresia che critichi questo ordine di cose diventa automaticamente un eresia pericolosa, le altre, anche se proferivano oscenità oppure assurdità erano innocue, parole di ingenui o di matti, e lasciavano il tempo che trovavano. Affermare che gli eretici ‘se la son cercata’ grazie alla loro superbia e al loro livore nei confronti della chiesa è un leitmotiv che ricorre attraverso i secoli, a partire dai contemporanei di Segarelli e Fra Dolcino e forse anche prima. Ancora oggi in certi ambienti fanatici e intransigenti circola la storia della ‘sfida’ alla Chiesa come buon motivo a finire sul rogo. Ho letto, sempre sullo stesso sito religioso che ha il merito di andare abbastanza a fondo la questione delle eresie, la storia di Segarelli e degli apostolici, sebbene in un’ottica molto conservatrice che a tratti sfiora il fanatismo: “Ricevuto il rifiuto dell’Ordine dei Frati Minori decise quindi, Segarelli, di farsi un ordine tutto suo, ma il canone di Papa Gregorio X, Religionum diversitatem nimiam del II Concilio di Lione del 1274, sancì che tutti gli Ordini sorti dopo il 1215 (anno dell’approvazione dell’Ordine Domenicano) non erano validi poiché non avevano ricevuto l’approvazione ecclesiastica e quindi i membri degli ordini sorti dopo quella data dovevano per forza richiedere di entrare negli ordini preesistenti. Peraltro Segarelli predicava idee piuttosto affini ai Catari oltre a professare la libertà sessuale degli individui, seppure su questo ultimo scottante punto, le fonti sembra siano scarse. Come in tutti i processi inquisitoriali, l’insieme delle accuse superava quasi sempre il numero reale dei fatti, e tra questi non gli si perdonò di aver negato il bisogno di una gerarchia, specie quella ecclesiastica quale intermediazione tra l’uomo e Dio. Infine Segarelli, è il caso di dirlo, era anche millenarista, ossia predicava la fine del mondo e il suo celebre motto penitentia agite, ne tradiva l’intenzione e l’origine. Gli Apostolici ‘predicavano bene e razzolavano male’ (ho sintetizzato il pensiero che però in nuce resta invariato). Questo è curioso allorquando non ci sono giunte altre testimonianze a riguardo. A meno che non si intenda la sessualità vissuta liberamente, non un’eresia o un programma politico ma piuttosto, come qualche studioso di Segalelli e Dolcino ha fatto notare, il costume dei montanari che avevano sempre vissuto relativamente liberi ed in contatto con gli elementi della natura, lontani dalle costrizioni e le ingerenze religiose. Questo tipo di critica, quella di predicare bene e razzolare male (critica, che beninteso, viene rivolta anche agli Albigesi) poteva essere tranquillamente rivolta alla Chiesa del tempo, che era ormai diventata un organo più politico che religioso le cui scelte, travestite da intransigenza religiosa, erano in realtà dettate in gran parte da fini politici e i cui accaparramenti dopo le persecuzioni dei beni degli eretici stavano arricchendo sempre di più le sue giá pingui casse. “Tamburini (Teologo italiano d’ispirazione giansenista vissuto a cavallo tra ‘700 ed ‘800) anche in tal caso accenna al fatto che mentre (gli apostolici) predicavano agli altri cosa fare per salvare l’anima, gli eretici «s’immergevano nelle più abominevoli e vergognose dissolutezze».7 Qui un ragionamento, sullo stesso sito, su una seguace di “Segalelli”, Elina De’ Fredolfi: arrestata dopo essere stata colta ‘in flagrante’ durante una sua predicazione: “Tornata in libertà, “ricadde nell’errore o probabilmente non ne era mai uscita“. Potrebbe aver ritrattato per assicurarsi la libertà, convinta di riuscire in un secondo tempo a continuare il suo apostolato il che “evidenzia una certa arroganza” (!) da parte di questa donna, una superbia eguale a quella che avevano tutti gli eretici che non tornavano mai veramente sui loro passi”. 7 Ma non è finita: ecco una (fetida) ed imperdonabile ‘perla’ sui Catari : “Viste queste caratteristiche del Catarismo è difficile pensare che l’accusa di eresia abbia tardato a venire, e non solo dalla Chiesa, per cui era fondamentale per i membri o le autorità catare cercare dei protettori, ma questi non potevano essere certo poveri, mendicanti e contadini (elementi del popolo che furono tra i più fervidi accoglitori della loro propaganda); e chi meglio di nobili o comunque persone agiate e opportunamente convertite (Credenti) potevano proteggere i membri della chiesa catara? Chi meglio di un Credente altolocato poteva realmente aiutare i Catari (magari con denaro, vestiario, cibo) e favorirne la propaganda? Le fonti attestano che numerose e fiorenti scuole catare, in cui, oltre alla grammatica, si studiavano i testi biblici e s’insegnavano ed illustravano le dottrine della setta, erano disseminate in varie regioni e ad alcune di esse era annesso una specie di collegio, in cui fanciulli e fanciulle venivano raccolti ed allevati nello spirito della setta. Da tali scuole uscivano dottori assai versati nella conoscenza dei testi biblici e molto abili nel darne quelle interpretazioni letterali ed allegoriche che meglio servissero a difendere e illustrare le loro dottrine.” 7 Qui la contrarietà provocata dai superstiti di Montsegur (episodio cruciale della “guerra” ai catari ma dello sterminio non si parla, preferendo sorvolare sulle nefandezze compiute dalla Chiesa Cattolica):
“È probabile che alcuni superstiti ai massacri, incluso l’ultimo di Montsegur del 1255, abbiano continuato a fare proselitismi a dispetto della Chiesa perché altrimenti non si sarebbero verificati i diversi processi per eresia catara che seguirono l’eliminazione della parte più grossa e potente della setta catara. La lotta all’eresia ormai aveva però dato il via ad una serie di eventi che portarono alla creazione di una macchina che tutti ben conoscono e che certo non era nata con intenzioni di torture, roghi e morti: la Santa Inquisizione“. 7
Anche “i Catari sembra avessero il vizio di predicare bene ma nella prassi fare il male”, (sunto generico ma di significato invariato) erano arroganti, come tutti gli eretici, apostolici compresi e alla fine se la sono un po’ meritata. Quando leggo di queste affermazioni mi viene sempre in mente che la Chiesa ha sempre fatto altrettanto, ossia di proiettare con forza e sdegno sull’altro tutti i difetti e le tare morali di chi proietta. Chi c’era di più arrogante della Chiesa che predicava bene e razzolava (assai) male? E’ anche riportato che l’Inquisizione non era nata con le intenzioni di torturare e mandare al rogo la gente..poi però ha sviluppato una certa inclinazione verso torture e autodafé. Ma la colpa è stata degli eretici che l’ha sfidata. Ma chi può fregare se le intenzioni all’inizio erano “buone” oppure no se non a chi ha il cattivo gusto di continuare a difenderla a spada tratta nonostante le nefandezze di cui si è macchiata ? Per condannare l’Inquisizione tout court mi basta già sapere che cosa ha fatto, di come era nata francamente me ne frego! Poi mi chiedo, dato che una ricerca più approfondita sarebbe impraticabile, da dove vengano le fonti del Tamburini su Segarelli (o Segalelli) dato che la sua vita, a parte due episodi della cronaca di Salimbene è avvolta nel mistero? Magari i detrattori degli Apostolici hanno qualcosa in più da dirci oltre agli stupidi pettegolezzi che giravano all’epoca. Inoltre non ravviso nessuna contraddizione fra chi vuole praticare un’ascesi di quel tipo e scegliere di avere rapporti sessuali, ma per chi ha sempre mortificato il corpo, vergognandosene, questo fatto può sembrare inaccettabile; il problema è sempre lo stesso, per la Chiesa la ‘vera’ ascesi non si raggiunge se non quando il corpo martoriato e umiliato viene reciso dallo spirito. Per gli asceti e gli uomini di Chiesa il corpo era un involucro di lordure, una sacca di carne muscoli e grasso ed intestini da cui prendere ad ogni costo le distanze. come fossero separati. Per gli asceti in odore di eresia invece è quando i sensi sono integri che l’esperienza estatica e mistica pervade il corpo e lo spirito nella sua pienezza. Ma si tratta solamente di punti di vista.

Ma torniamo a Segalelli, che venne dapprima imprigionato a Parma, per poi essere rilasciato dal vescovo Obizzo Sanvitale, che pare fosse un suo segreto ammiratore; nuovamente imprigionato nel 1294 e condannato all’ergastolo, riuscì a fuggire mentre quattro apostolici, due uomini e due donne, venivano arsi sul rogo, finché, senza poter più godere della protezione del Sanvitale, divenuto vescovo di Ravenna, fu nuovamente catturato nel 1300 e processato dall’inquisitore Manfredo da Parma. Si conserva qualche stralcio del verbale del processo:
«Richiesto se un uomo possa toccare una donna che non sia sua moglie, e una donna possa toccare un uomo che non sia suo marito e palparsi vicendevolmente nelle zone impudiche standosene nudi e che ciò possa essere fatto senza ombra di peccato […] rispose che un uomo e una donna, sia pur non uniti in matrimonio, e un uomo con un uomo e una donna con una donna possono palparsi e toccarsi vicendevolmente nelle zone impudiche. Disse che ciò può avvenire senza ombra di peccato a condizione che vi sia l’intenzione di pervenire alla perfezione…non riteneva che tali palpeggiamenti impudichi e carnali fossero peccaminosi, anzi potevano essere fatti senza peccato in un uomo perfetto.»
E questo era già sufficiente per mandarlo al rogo a Parma il 18 luglio 1300.
(1) Andrea Moneti da mondo medievale.net
(2) Gherardo Segalelli di Stefano Treggiari
(3) Wikipedia
(4) Giulia Panzanelli da medievaleggiando.it
(5) https://www.camminoterzoparadiso.it/http.liberospirito.it/index4548.html?p=3415
(6) Dolcino: santo, eretico o paranoico? Di Thomas Molteni
(7) https://armadiodelmedievalista.blogspot.com/search?q=segalelli#_ftn36_9241
(8) fonte; Wikipedia, Amaury de Bène
(9) dall’Enciclopedia Treccani