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Pomponio de Algerio


Quando il tempo delle idee è il tempo del supplizio

“Pomponio Algieri, o de Algerio (Nola, 1531 circa – Roma, 19 agosto 1556), fu una vittima dell’Inquisizione cattolica: rifiutatosi di abiurare la sua fede protestante, fu giustiziato a Piazza Navona a Roma per immersione in una caldaia d’olio bollente. “Da quando Giuseppe De Blasiis ha pubblicato nel 1888 i documenti relativi al processo e alla morte di Pomponio de Algeri il coraggio e la fermezza dimostrato da questo giovane studente nolano – che deve la sua fama soprattutto all’essere nato nello stesso paese in cui, circa quindici anni dopo, avrebbe avuto i suoi natali Giordano Bruno – non ha mancato di incuriosire gli storici, sin dalle ammirate parole che a lui rivolse Benedetto Croce:

“Avido di scienza, appassionato del vero, poiché credette di aver raggiunto la bramata verità, affrontò la morte per non lasciarsi rapire il bene dell’anima sua, riempie di alta ammirazione e di nobile commozione per tanta fiamma di fede e di martirio […] un martire, dunque, dell’intolleranza ecclesiastica, nato in Nola, pochi anni prima che vi nascesse un altro, il cui nome è sulle bocche di tutti, e la cui vita ha tanti punti di somiglianza con quella dell’Algierio.”

‘Martire’ per la fede, attraverso l’eroismo ed il coraggio che si manifestò in ogni suo gesto e parola durante il processo subito dal Sant’Ufizio veneziano, la sua immagine ha attraversato i secoli accompagnato dai toni trionfalistici con cui egli è presentato nei martirologi protestanti’. (1)

La “Santa” Inquisizione

“Studente a Padova, meta universitaria di molti studenti del Regno di Napoli, viveva insieme al giurista Ippolito Craya di Veglia, a Caterina piemontese (moglie di quest’ultimo) e a Giacomo Castracucchi, un altro studente napoletano, in un’abitazione nei pressi del Portello. Come risulta dal processo istruito a carico del Craya da parte del vescovo di Veglia Alberto Duimio, avevano formato un piccolo circolo intellettuale, che si cibava di letture comuni e contestava i precetti della Chiesa romana. (2) Il podestà di Padova, Pietro Morosini, di concerto con il capitano Vincenzo Diedo, giudicò opportuno non procedere a sentenza alcuna contro l’Algerio, sperando che quest’ultimo “mediante il tormento delle pregioni havesse vogliuto lasciare questa sua ostinazione et forsi humor malencholico”. Si sospetta che Pomponio, non avesse fatto che raccogliere delle idee che circolavano nella regione dove abitava..queste le parole di una popolana veneziana del tempo:

È mala cosa andare a messa perché Cristo non l’ha ordinata. È nel Testamento Vecchio che quando si levava il vedelo dorato tutti accorrevano ad adorarlo e se perdevano dietro a quell’idolo. Così noi quando si leva l’ostia consagrada corriamo ad adorarlo avendo fede in quel vedelo e ce perdemo per esser un idolo.’ (4)

In una situazione nella quale sin dagli albori della Riforma le dottrine protestanti penetravano nella Repubblica di Venezia, riscuotendo con gli anni un consenso sempre più consistente, i governanti della Serenissima non potevano d’altronde esimersi dal porsi il problema della persecuzione dell’eresia, la diffusione della quale, dal punto di vista di chi esercitava il potere, non poteva non costituire un pericolo per l’ordine pubblico e la stabilità dello Stato. Dal canto suo, la Chiesa romana, che vedeva contestata in modo aperto la sua autorità, sferrava la sua offensiva contro gli eretici attraverso l’istituzione della congregazione del Sant’Uffizio (1542), guidata fin da subito dal cardinal Gian Pietro Carafa. La “nuova” Inquisizione veniva dunque ad impiantarsi a Venezia, così come negli altri stati italiani, e pretendeva un’autorità immediata in fatto di persecuzione dell’eresia, nonché la massima collaborazione (e sottomissione) delle autorità secolari. Simili pretese erano tuttavia difficili da mettere in atto in un contesto come quello veneziano. (5) Il 21 luglio 1555 Pomponio riuscì a far pervenire dal carcere ai suoi compagni di fede una lettera in latino che fu pubblicata per la prima volta in Svizzera nel 1563. In essa Pomponio scrive di aver trovato «miele nelle viscere del leone, amenità nella fossa oscura, tranquillità e speranza di vita nel luogo dell’amarezza e della morte, letizia nel baratro infernale». (3) “Nell’ultimo interrogatorio del 28 luglio gli fu chiesto, invano, di rivelare il nome dei suoi compagni, e negò l’esistenza del purgatorio e il culto dei santi, perché «Christo esser mio intercessore et non altri in cielo»
L’arresto di Pomponio avviene in casa del Craya, il 29 maggio 1555.(…) Il 23 maggio 1555 era stato eletto papa con il nome di Paolo IV l’inquisitore Gian Pietro Carafa, il quale pretese l’estradizione del de Algerio a Roma. Come scrisse al Consiglio dei Dieci il 24 agosto 1555, l’ambasciatore veneziano a Roma, Domenico Morosini, essendo stato incarcerato «Pompeo da Nolla, heretico pertinace, hora che è nelle carceri, sua santità desiderare che vostre eccellentie diano ordine alli clarissimi rettori di Padoa che favorischino il detto suffraganeo in questo caso et lo espedischino acciò secondo la giustitia sia punito». (2)

19 agosto 1556.

Estate calda a Roma.
La gente si ammassa per godere liberamente dello spettacolo.
I più ansiosi d’ammirare le disgrazie del malcapitato spingono per giungere nelle prime file.
Una caldaia di olio bollente risplende nella calca di Piazza Navona.
Un ragazzo di 25 anni è accompagnato all’interno dell’arena.
Trascorrono pochi istanti e il giovane è agguantato e trasportato nei pressi della caldaia, che attende ribollente la vittima sacrificale.
Quell’uomo è un eretico e come tale deve essere sacrificato per il mantenimento dell’ortodossia. Molti prima di lui, tantissimi dopo.
Il grande contenitore è riempito con olio, pece e trementina.
Il ragazzo guarda la folla, alza gli occhi al cielo e pronuncia alcune scomposte parole.
Il tempo si ferma.
Il vento non accarezza i capelli dei presenti.
I cavalli silenti sembrano partecipare allo strazio collettivo.
Dolore che diviene spettacolo.
Il ragazzo decide d’immergersi spontaneamente nella caldaia, un sorriso e proferisce parole di resistenza mentale: “accogli, mio Dio, il servo e martire tuo”.
In pochi istanti un lampo di fuoco nel cielo divenuto nero.
E fu la fine.
Il 22 agosto del 1556, l’ambasciatore di Venezia scrive al consiglio dei Dieci: “..nel mezzo delle fiamme e dei tormenti, visse un quarto d’ora” (3)


1. «Bruniana&Campanelliana», xv,
2009, IL ‘CASO’ POMPONIO ALGIERI APPUNTI DI UNA RICERCA IN CORSO, di Silvia Ferretto

2. Pomponio Algieri, vittima dell’Inquisizione cattolica, Altervista

3. Viaggiatori Ignoranti, “Pomponio De Algerio, Il Ragazzo bruciato Nell’olio bollente a piazza Navona. Di Fabio Casalino.

4. Pomponio di Algerio, martire impenitente di Daniele Santarelli

5. Daniele Santarelli : Eresia, Riforma e Inquisizione nella Repubblica di Venezia del Cinquecento


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