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“Son figlio della terra e del cielo stellato”


Le lamine orfiche

di Simona Dri, undergraduate all’ Università Ca’ Foscari di Venezia e autore di:
“Son figlio della Terra e del Cielo stellato”
Le lamine d’oro orfiche mnemosynie. estratto


A partire dalla prima metà dell’Ottocento, in vari sepolcri della Magna Grecia, di Creta e della Tessaglia, sono state scoperte alcune lamine d’oro risalenti ad un periodo che va dall’inizio del IV secolo al II secolo a.C. Questi documenti recano incisi sulle loro superfici una serie di “istruzioni” rivolte al defunto che sia stato iniziato ad una dottrina misterica sulla condotta da tenere una volta giunto nel regno degli Inferi, il che risulta essere un elemento molto interessante in quanto esso trova un parallelo diretto solamente nei libri dei morti della religione egizia. Pur essendo le zone di ritrovamento molto distanti tra loro, il legame tra esse è in alcuni casi piuttosto forte ed evidente, non solo in relazione al comune contesto, ma soprattutto per quanto riguarda la pregnanza delle speranze che riflettono: ottenere grazie al previo percorso di iniziazione, (muesis) la salvezza da ulteriori esperienze esistenziali, inevitabilmente dolorose, e il raggiungimento di uno stato di perenne beatitudine o serenità, antitetico in ogni caso alla vita terrena.

Il contesto religioso a cui queste lamine appartengono è, generalmente, quello dell’orfismo, (..) riallacciandosi alle speranze citate e promettendo, attraverso una serie di riti di iniziazione che rimangono segreti, uno stato di redenzione eterna nella sede degli olbioi kai makariatoi, (beati e più che beati), sfuggendo sia alle sofferenze di un’esistenza mondana, sia alle tenebre dell’Ade. Una caratteristica di alcune delle laminette rinvenute, in particolare quella proveniente dal centro di Hipponion (fine V secolo a.C.), è il riferimento diretto a Mnemosyne, originariamente personificazione divina delle facoltà mnemoniche (Mneme), che Esiodo celebra in quanto madre delle Muse. In particolare è stata proprio la lamina di Hipponion a immettere nel nostro panorama dell’orfismo questa “divinità”, grazie anche al paragone con le altre lamine “orfiche” della Magna Grecia, di Creta e della Macedonia. Il testo riportato sulla lamina di Hipponion è il seguente:

“A Mnemosyne appartiene questo sepolcro. Appena che sarai venuto a morte, / andrai alle case ben costruite di Ade. V’è sulla destra una fonte, / accanto ad essa si erge un bianco cipresso: / lì discendono le anime dei morti e cercano refrigerio. / A questa fonte non accostarti neppure; / ma più avanti troverai la fresca acqua che scorre / dal lago di Mnemosyne: vi stanno innanzi custodi, / i quali ti chiederanno, con sicuro discernimento, / che mai cerchi per la tenebra di Ade sonnolento (?)./ Rispondi: Son figlio della Greve e del Cielo stellato, / di sete son riarso e mi sento morire: ma datemi presto / la fresca acqua che scorre dal lago di Mnemosyne; / ed essi saranno pietosi per volere del sovrano di sotterra, / e ti daranno da bere l’acqua del lago di Mnemosyne; / e poi che avrai bevuto procederai sulla sacra via su cui anche gli altri mystai e bacchoi si allontanano gloriosi.”

”Nonostante già nella lamina di Petelia, precedentemente scoperta, si faccia riferimento alla “fresca acqua di Mnemosyne”, nella lamina di Hipponion si può chiaramente notare come Mnemosyne assuma una personalità divina alla quale autorità è affidata la tutela dell’iniziato e la sua “salute” nel momento in cui la sua anima venga giudicata dai “fulaskes” e identificata come “mustes” o “bankkos”.
Nella visione oltremondana della religione orfica, infatti, le anime dei non iniziati non erano a conoscenza della fonte d’acqua mnemosynia e quindi cercavano refrigerio direttamente nella fonte di Lethe, la prima fonte citata. Quest’ultima, la fonte dell’oblio, condannava l’anima del defunto all’incessante ciclo di un rinnovamento dell’esperienza mortale alla quale l’uomo è per natura sottoposto a causa della legge della metempsicosi (metènsomatosis).

Invece Mnemosyne, antitesi dell’oblio, appariva come la dea salutifera in grado di trasformare le reiterantisi morti in una morte definitiva e conclusiva che segnava il transito definitivo alla vera vita. La presenza della dea in queste lamine, oltre alla sua presenza, assieme a Themis e Tyche, tra i numi che ricevevano venerazione in più Asclepiei, testimonia che probabilmente la dea non ha avuto solo la funzione di evitare che i fedeli dimenticassero i responsi ricevuti durante l’ “Enkoimesis”, ma ebbe anche probabilmente una forte connessione con il mondo degli inferi e che quindi possa essere stata annoverata tra le divinità infernali.

G. PUGLIESI CARRATELLI,
Tra Orfeo e Cadmo, Contributi alla storia civile e religiosa dei greci d’Occidente, Bologna 1990
G. PUGLIESI CARRATELLI, Le lamine d’oro orfiche Milano, 2001, p. 24
G. PUGLIESI CARRATELLI, Mnemosine e l’orfismo, http://atopon.it/menomosyne-e-lorfismo/

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