
Quando passa il canestro, dite, o donne:
Salve Demetra, molte volte salve,
generosa di cibo, ricca a staia.
Il canestro che passa contemplate
da terra e non guardatelo dal tetto,
né da un luogo elevato, estranei al rito,
né bambino né donna né fanciulla
con i capelli sciolti né chi sputa
a bocca asciutta, senza prender cibo.
Espero guardò fuori dalle nubi
(ma quando arriva?), Espero fu il solo
che convinse Demetra a dissetarsi,
quando correva sulle ignote tracce
della figlia rapita. In quale modo
ti portarono fino all’occidente
i tuoi passi, signora, fino ai neri,
fino alla terra dalle mele d’oro?
Non bevesti in quel tempo, non mangiasti
e non facesti il bagno e per tre volte
attraversasti il vortice d’argento
dell’Acheloo ed altrettante il corso
di ciascuno dei fiumi oltrepassasti,
che scorrono perenni, e per tre volte
presso il pozzo Callicoro sedesti,
assetata, per terra, senza bere,
senza mangiare e senza fare il bagno.
No, non dobbiamo dire queste cose
che portarono lacrime a Deo,
piuttosto come diede usanze accette
alle città, piuttosto come il fusto
e i manipoli sacri delle spighe
tagliò per prima e portò dentro i buoi
a pestarli, nel tempo in cui apprendeva
l’arte buona Trittolemo, piuttosto
(perché si tenga fuori l’arroganza)
come…
Abitavano ancora la regione
sacra di Dotio, non la terra Cnidia
e un bel bosco ti offrirono i Pelasgi
d’alberi folto, per il quale a stento
una freccia passava. C’era il pino,
grandi olmi e peri e frutti dolci e belli,
e fuori dai rigagnoli sgorgava
un’acqua come l’ambra. Di quel luogo
era amante la dea, quanto di Eleusi,
come di Triopa, tanto quanto d’Enna.
Ma quando si adirò il demone buono
con i Triopidi, un perfido consiglio
prevalse nella mente di Erisittone. (:…….) CONTINUA